Un particolare tipo di filtro, quello a maniche

Il filtro a maniche è un particolare filtro di forma cilindrica, realizzato in tessuto, necessario alla filtrazione di gas contaminati.

La  filtrazione avviene grazie a tre meccanismi:

 

  • per impatto inerziale – riguarda le particelle > 1?m;
  • per intercettazione – quando le particelle tra 0,2-1 ? m vengono “intercettate e bloccate” all’interno del filtro;
  • per moto browniano – quando le particelle, a causa del moto browniano, modificano la loro traiettoria fino a urtare l’ostacolo (particelle < 0,2 ? m).

 

Il filtro a maniche è sempre posizionato in sistemi impiantistici realizzati con camere a forma di parallelepipedo, all’interno delle quali più filtri sono disposti in verticale. Il numero di filtri presenti in ogni impianto dipende dalla portata di gas da filtrare, mentre le sue dimensioni sono standardizzate – il diametro può variare da 12 cm a 90 cm, mentre la lunghezza va da un minimo di 1,5 metri, fino a un massimo di 6 metri.

 

Un impianto di filtrazione che sfrutta il filtro a maniche è un sistema che si contraddistingue per la sua spiccata efficienza di raccolta: blocca fino al 99% di particelle di diverse dimensioni.

 

I motivi per usare un filtro a maniche possono essere di natura tecnologica, economica o igenico-ambientale. In tutti questi casi è opportuno affidarsi a professionisti del settore che, dopo un sopralluogo, possano dimensionare e realizzare un impianto di depolverazione che assicuri alte perfomance.

 

Un buon sistema di depolverazione monta solo filtri realizzati con tessuti testati e standardizzati, che variano a seconda del campo d’applicazione e del settore in cui opera l’azienda.

 

I principali materiali filtranti sono:

 

  • Il polipropilene usato in tutti quei campi che richiedono inerzia chimica (90° C max) – settore alimentare.
  • La poliammide aromatica, impiegata nei filtri usati nel settore delle emulsioni bituminose, nei cementifici, nelle fonderie, nella lavorazione della ceramica.
  • Il poliestere, adoperato in condizioni di bassa umidità con temperature che non superano i 150° C, in particolar modo nelle cave, nelle miniere, nei cementifici, nelle industrie siderurgiche, nelle fonderie, nelle industrie che lavorano i materiali plastici.
  • Il poliacrilonitrile, tessuto usato nei filtri impiegati in essicatoi e caldaie.
  • Il polifenilsolfuro impiegato nei filtri usati nelle industrie chimiche.
  • Il politetrafluoroetilene, anche detto teflon, usato in tutti quei settori dove le temperature sfiorano i 250°/280° C.

 

I filtri prevedono anche tecniche di pulizia:

 

  • meccanica: quando il filtro si scuote o si fa vibrare – eccessiva sollecitazione delle fibre;
  • a corrente inversa: quando si fa passare un gas depolverato in senso contrario a quello di marcia;
  • Pulse-Jet: quando all’interno di ogni manica viene iniettato periodicamente un flusso di aria compressa, capace di generare un’onda di pressione che la fa espandere, producendo un distacco del deposito.

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