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Ambiente : l’Italia propone i primi progetti di riciclo

Tutti sono a conoscenza del fatto che uno degli imperativi imposti dall’U.E. ai propri membri è quello del ‘riciclo’. Ci sono prodotti e processi che recuperano materiali o sostanze destinati solo alla discarica. Sono stati proposti recentemente anche due progetti coordinati da aziende italiane, vincitori del bando ‘Eco-innovation’ dell’Ue. Sono ‘Ecoplasbrick’ e ‘Recogen’. I progetti in questione provengono rispettivamente dalla Puglia e dall’Abruzzo. ‘Ecoplasbrick’ è un progetto coordinato dal Consorzio Cetma di Brindisi, e riguarda la produzione di un pannello per ‘facciate ventilate’, molto utile per il rivestimento esterno di grosse costruzioni, e di ‘pavimenti galleggianti’ che permettono di nascondere cavi elettrici, telefonici, e tubi della climatizzazione. ‘Recogen’, invece, è un progetto che prevede la realizzazione di un impianto per ‘rigenerare’ l’acido cloridrico, molto utilizzato per trattare i pezzi di ferro che devono essere zincati. L’ obiettivo di tale progetto, quindi, è quello di evitare lo smaltimento di un rifiuto della lavorazione del metallo, per creare invece fertilizzanti. Ora , però c’è il rischio che tale progetto possa perdere i circa 800mila euro a fondo perduto messi a disposizione dal bando europeo Eco-innovation se si estenderanno ancora i tempi di autorizzazione della Regione Abruzzo. Nonostante la pratica non abbia subito intoppi a livello europeo, a livello locale invece si è in attesa di risposte.


Finanziamento aziende su ambiente e sicurezza

La Camera di Commercio di Bergamo mette a disposizione un fondo di € 300.000,00 per sostenere interventi nel campo ambientale e della sicurezza.
Possono partecipare al bando le imprese industriali di produzione con unità produttive in provincia di Bergamo, in regola con il pagamento del diritto annuale, per interventi effettuati in tali sedi. Sono prioritarie le piccole e medie imprese e quelle che non hanno beneficiato del contributo nell’edizione 2009 del concorso.
Sono ammesse al contributo le spese fatturate a partire dall’11 dicembre 2009 per:
· consulenza per l’analisi ambientale iniziale, la progettazione, definizione, applicazione, verifica e certificazione dei Sistemi di gestione ambientale (SGA);
· consulenza per la progettazione definizione, applicazione, verifica e certificazione dei Sistemi di gestione della sicurezza del lavoro (SGSL);
· spese per la certificazione del marchio Ecolabel e della catena di custodia degli standard FSC e PEFC;
· attività di auditing di parte terza effettuato dall’organismo di certificazione o dal verificatore ambientale (nel caso di EMAS);
· dismissione delle opere in amianto: spese di demolizione e smaltimento;
· eliminazione delle barriere architettoniche: consulenza, progettazione, acquisto di attrezzature ed esecuzioni di opere edili;
· studi, progettazioni e interventi mirati alla riduzione dell’impatto acustico delle aziende sull’ambiente esterno all’insediamento produttivo;
· studi, progettazioni e interventi per la prevenzione dei rischi di esplosione dovuti alla presenza di gas, vapori, nebbie e polveri;
· studi, progettazioni e interventi per la riduzione dei rischi derivanti da movimenti ripetuti degli arti superiori e da movimentazione manuale dei carichi nelle attività produttive;
· studi, progettazioni e interventi per la sostituzione delle sostanze e miscele chimiche più pericolose utilizzate nel ciclo produttivo;
· studi, progettazioni ed interventi per il miglioramento della qualità delle emissioni in atmosfera.
Il contributo sarà pari al 40% del costo con un limite di € 5.000,00 per impresa.
La domanda di partecipazione,scaricabile dal sito camerale, può essere inviata solo per via telematica all’indirizzo promozione@bg.legalmail.camcom.it  a partire dal 15 gennaio 2010 fino ad esaurimento del fondo.


Dopo Copenhagen: le sfide energetiche e ambientali del 2020

Convegno annuale del Kyoto Club

Roma, Sala della Protomoteca (Campidoglio)
Venerdì 12 febbraio 2010
(orario: 09,30-13,30) L’ Accordo di Copenaghen, con il quale si é concluso nella capitale danese, lo scorso dicembre, il vertice delle Nazione Unite sui cambiamenti climatici, è stato il frutto di un’intesa politica promossa da alcuni Stati (tra i quali Stati Uniti, Brasile, India, Cina e Sudafrica). È stato riconosciuto dalla gran parte dei paesi con una decisione che letteralmente “prende nota” della sua esistenza, ma non lo adotta formalmente. L’Accordo riconosce che l’aumento della temperatura media globale non dovrà superare i 2°C rispetto ai valori pre-industriali e può essere considerato un primo passo che dovrà essere poi trasformato in uno strumento legalmente vincolante in Messico nella prossima conferenza mondiale sul clima (Cancún, 29 novembre – 10 dicembre 2010).
Sappiamo tuttavia che gli impegni dichiarati oggi dai paesi industrializzati ed emergenti al 2020 porterebbero ad una concentrazione di gas serra in atmosfera tale da provocare un aumento molto superiore ai 3 °C, con conseguenti notevoli danni ambientali ed economici per tutta la comunità mondiale.
Il convegno annuale del Kyoto Club, “Dopo Copenhagen. Le sfide energetiche e ambientali del 2020”, che si svolgerà a Roma il giorno 12 febbraio, presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio, ha l’obiettivo di analizzare i risultati di Copenhagen e capire quali sono i margini per un accordo legalmente vincolante a fine anno, grazie anche alla presenza di relatori che rappresentano i paesi chiave nella trattativa quali Stati Uniti, Cina, India e Regno Unito.

Per programma e iscrizioni: Kyoto Club


Ambiente: in quarant’anni le città hanno mangiato un quarto di campagna

 

Ambiente: in quarant’anni le città hanno mangiato un quarto di campagna

Un territorio grande come due volte la regione Lombardia per un totale di cinque milioni di ettari. equivalenti è stato sottratto all’ agricoltura che interessa oggi una superficie di 12,7 milioni di ettari con una riduzione di ¼ negli ultimi 40 anni.

E’ quanto è emerso dallo studio realizzato per la Coldiretti dal prof. Angelo Frascarelli, dal quale si evidenzia che l’erosione di terre fertili è imputabile alla sottrazione per usi industriali, residenziali, civili ed infrastrutturali, oltre che all’abbandono delle zone marginali. Un processo che mette a rischio la sicurezza del territorio in Italia dove – sottolinea la Coldiretti – ci sono 5.581 comuni, il 70 per cento del totale, a rischio idrogeologico dei quali 1.700 sono a rischio frana e 1.285 a rischio di alluvione, mentre 2.596 sono a rischio per entrambe le calamità.


In più di un caso su tre (42 per cento) chi acquista terra non è un imprenditore agricolo. Non è un caso infatti che i terreni agricoli battono l’oro nella classifica degli investimenti giudicati più sicuri dagli italiani e sono collocati al pari dei conti correnti ad alta remunerazione e al di sotto della casa, che è di gran lunga in cima alla graduatoria, secondo l’indagine realizzata da Coldiretti-Swg nell’ottobre 2009.

L’uso plurimo della terra (agricolo, residenziale, ricreativo, paesaggistico, ambientale) con spiccata conflittualità di interessi specialmente nelle aree di pianura, l’alta densità demografica, il fatto che solo il 30 per cento della superficie agricola coltivata è in pianura, i forti vincoli ambientali, paesaggistici ed idrogeologici generano una forte pressione che tiene particolarmente alto il valore della terra in Italia.

Tra i nuovi fenomeni va segnalata la domanda di terreni da destinare a pannelli fotovoltaici che si è aggiunta alla diffusione nelle aree fertili di impianti agroenergetici con la richiesta di terra da destinare alla produzione di biomassa.

La crisi finanziaria, con la ricerca di beni rifugio alternativi agli investimenti piu’ tradizionali come la borsa, rischia di favorire le speculazioni sui terreni agricoli facendone schizzare le quotazioni verso l’alto e ostacolandone ulteriormente l’acquisto da parte dei giovani imprenditori agricoli. “Il terreno è un costo per le imprese agricole che devono crescere e svilupparsi e l’aumento delle quotazioni rischia di trasformarsi in un ulteriore onere che si somma a quello della stretta creditizia” – ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare “l’importanza di misure antispeculative soprattutto per favorire l’inserimento dei giovani agricoltori”. I valori fondiari medi nell’Ue vanno da un minimo di 1.000 euro/ettaro nei Paesi dell’Est (Romania, Slovacchia, ecc.) ad un massimo di 34.000 euro/ettaro in Olanda, 25.000 euro/ettaro in Danimarca e 11.000 euro/ettaro in Spagna, secondo l’ Eurostat.

In Italia, il valore fondiario medio è di 17.000 euro/ettaro, ma è una media comprende anche i terreni marginali di montagna e collina dell’Appennino e delle Isole. I terreni di montagna e collina litoranea, paragonabili a quelli dell’Olanda e della Danimarca, hanno in Italia un valore fondiario medio di gran lunga superiore, da 38.000 euro/ettaro a 72.000 euro/ettaro.

Un’indagine di Coldiretti, appositamente svolta sui valori fondiari, ha messo in evidenza che, anche nel 2009 – anno di forte crisi dell’agricoltura –, il valore dei terreni continua a crescere nelle pianure con valori che raggiungono i 550.000 euro/ettaro, mentre diminuisce nelle aree più marginali della montagna alpina, appenninica e delle isole. I prezzi alle stelle dei terreni risultano spesso proibitivi per i giovani agricoltori che vogliono intraprendere un’attività agricola e costituiscono uno dei problemi più gravi all’insediamento e al ricambio generazionale. Per questo la formula dell’affitto rappresenta una valida alternativa per avviare l’attività agricola. Infatti la terra in affitto in Italia è in crescita e i giovani (con età inferiore ai 40 anni) detengono mediamente il 26 per cento della terra in affitto mentre per gli agricoltori più anziani (con età superiore ai 40 anni) tale percentuale scende mediamente al 13 per cento della terra in affitto. La terra di proprietà degli Enti pubblici è un fenomeno molto rilevante in Italia che detengono oltre il 7 per cento della superficie agricola utizzabile per un totale di quasi un milione di ettari ( 934.000 ettari ) destinati per la quasi totalità ai pascoli ( 887000 ettari ) ma anche seminativi ( 32000 ettari ) e colture legnose ( 15000 ettari ).

 

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